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"Difficoltà"o "Disturbo" d'Apprendimento?

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Spesso si utilizzano questi due termini come se fossero sinonimi, ma in realtà indicano due condizioni molto diverse tra di loro.

Quando si parla di “difficoltà” si intende una fragilità transitoria rispetto ad un apprendimento che solitamente rientra in tempi brevi, talvolta in maniera spontanea, o, in altri casi, si risolve tramite un breve ciclo di trattamento riabilitativo (che funge da “spinta”). 

Un “disturbo”, al contrario, è una condizione presente per tutto l’arco di vita di una persona, che può essere compensata parzialmente tramite ripetuti cicli di trattamento, ma non sparisce mai del tutto. Per questo motivo, al fine di consentire a tutti gli studenti un percorso formativo al pari della propria classe, le più recenti linee guida sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento invitano ad adottare, a livello scolastico, idonei provvedimenti dispensativi e compensativi.

Per qualche nota più tecnica ci si può riferire alla Circolare Ministeriale n.4099/A/4 del 5/10/2004, protocollo n. 13925 del 4/9/2007 dell’Ufficio Scolastico Regionale (USR) e protocollo 1425 del 3/2/2009, con relativi allegati tecnici, ed alla più recente legge n. 170 dell’8/10/2010 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 18/10/2010.

Questo non significa che i trattamenti non siano funzionali o rappresentino un’opzione. A mio parere l’adozione degli strumenti compensativi e dispensativi dovrebbe sempre essere complementare a interventi in ambito riabilitativo, soprattutto nel corso della scuola elementare. La ricerca ha infatti dimostrato che i trattamenti effettuati in questo ciclo di scolarità producono risultati clinicamente significativi, soprattutto in termini di rapidità di lettura, aspetto fondamentale per poter comprendere quanto letto e promuovere l’autonomia.

Molti bambini dislessici, infatti, presentano una rapidità di lettura (misurata in sillabe lette al secondo) talmente bassa da non poter essere funzionale alla comprensione. Generalmente questo problema viene aggirato tramite l’utilizzo degli audiolibri, che sono registrazioni audio di libri di testo letti da una sintesi vocale, e che vengono forniti ai ragazzi con diagnosi di disturbo d’apprendimento. Rispetto allo studio il ricorso agli audiolibri è fondamentale, perché permette ai ragazzi di ottimizzare le risorse attentive, non sprecandole nel meccanismo di conversione lettera/suono, ma risparmiandole per compiti a più alto carico cognitivo, come giustappunto la comprensione.

Al di fuori del contesto scolastico però, affinché anche un bambino con DSA possa imparare ad amare la lettura, è fondamentale che abbia la possibilità di leggere un libro di suo interesse, piuttosto che un fumetto che lo appassiona, riuscendo a comprendere quanto legge in autonomia. Spesso i genitori di bimbi con disturbi di apprendimento lamentano il fatto che i figli non amano leggere e si sottraggono alla lettura ad alta voce in classe. Ma come può risultare gradita un’attività che rappresenta un esercizio fine a se’ stesso e che richiede tanta fatica? L’importanza dei trattamenti riabilitativi risiede proprio nel consentire agli individui di raggiungere il maggior grado di autonomia possibile. In ambito scolastico verranno poi individuati gli strumenti compensativi e le misure dispensative più idonee al profilo di funzionamento in modo da consentire, come detto precedentemente, l’ottimizzazione delle risorse. 

Credo che sorga spontanea una domanda: ”Com’è possibile distinguere una difficoltà da un disturbo?”

Quando un bambino arriva in consulenza è necessario fare un dettagliato colloquio anamnestico, in cui si raccolgono tutte le informazioni relative allo sviluppo delle funzioni di base, dalla nascita fino al momento dell’osservazione, oltre ad un’accurata valutazione. Per poter affermare che si è in presenza di un disturbo è infatti necessario ritrovare un profilo di funzionamento caratteristico e degli antecedenti, in quanto i disturbi si presentano sempre su base neurofunzionale. In genere infatti, nella storia anamnestica, si ritrovano scarti dei ritardi o atipie anche lievi nello sviluppo di altre competenze, che sono considerate “pre-requisiti” degli apprendimenti scolastici quali l’esordio e l’evoluzione del linguaggio.

In valutazione, inoltre, si ritrovano cadute in prove volte a valutare alcune funzioni trasversali allo sviluppo degli apprendimenti come la memoria fonologica o il cosiddetto "accesso lessicale" che consiste nel recupero veloce di nomi di figure, numeri e colori. Per questo è necessario che la diagnosi venga fatta da un professionista specializzato in neuropsicologia dello sviluppo (neuropsicologo o neuropsichiatra), che raccolga tutti gli elementi utili ad inquadrare i sintomi per cui un bambino arriva in consulenza e che possa attuare gli interventi più idonei senza procedere con trattamenti generici e, nella maggior parte dei casi, poco funzionali. In alcuni casi definiti “grigi”, in cui la storia antecedente sembra essere asintomatica e i risultati alle prove si collocano ai limiti tra la norma e le fasce deficitarie, la risposta al trattamento è il dato che permette di stabilire se la fragilità è transitoria (difficoltà) o permanente (disturbo).

In linea di massima è possibile affermare che, in presenza di una sufficiente esposizione all’insegnamento ed a fronte del persistere di fragilità a carico di un apprendimento (lettura, scrittura o calcolo), è consigliabile effettuare una valutazione neuropsicologica poichè il più delle volte è necessario intervenire con un trattamento riabilitativo sia in caso di difficoltà, per cui spesso un ciclo è risolutivo, sia in presenza di un disturbo per cui saranno necessari più cicli di trattamento, al fine di promuovere il maggior livello di autonomia possibile.

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