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Riabilitazione della letto-scrittura: che durata e che frequenza deve avere un trattamento per poter essere efficace? Facciamo un pò di chiarezza.

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Per un genitore i quesiti non finiscono mai… Una volta che si è deciso di procedere con un trattamento riabilitativo si pone il problema di definirne una frequenza ed una durata che possano dare dei risultati significativi e che, al contempo, siano compatibili con l’organizzazione famigliare. In linea di massima è possibile affermare che qualsiasi tipo di trattamento sortisce degli effetti a livello qualitativo ma, in ambito riabilitativo, perché un percorso possa essere ritenuto efficace è necessario che gli esiti siano clinicamente significativi (ossia che siano superiori a quelli che si sarebbero ottenuti tramite l’evoluzione spontanea) e generalizzabili.

Un trattamento riabilitativo implica costi e sacrifici notevoli sia per il bambino che per tutta la famiglia.

Per i genitori, intraprendere un percorso riabilitativo per il proprio figlio, richiede un investimento, non solo a livello economico, ma soprattutto in termini temporali poiché è necessaria l’individuazione di una figura che possa accompagnare il bambino inserendo le sedute all’interno di un incastro serrato di impegni settimanali.

Per il bambino i costi sono ancora maggiori perché un trattamento, anche se fatto in forma giocosa e coinvolgente, richiede un investimento di energie che già sono state stressate durante la giornata scolastica. 

Per tutti questi motivi è di fondamentale importanza stabilire una sorta di contratto con il bambino in modo che sia consapevole del fatto che il trattamento avrà una durata limitata e che comporterà un guadagno (“potrà imparare dei trucchi per fare meno fatica a scuola”, “lo aiuterà a scrivere e a leggere più correttamente”).

 

“Per un bambino intelligente (e conseguentemente consapevole di avere delle difficoltà rispetto ai compagni) che deve investire tempo e risorse in un percorso riabilitativo è fondamentale che il trattamento possa dare, in tempi brevi, dei risultati significativi in termini di resa che possano a loro volta avere una ricaduta positiva sull’autostima e sulla motivazione.”

 

                                                                                             

 

Perché tutto questo sia possibile è necessario che il trattamento abbia una determinata frequenza settimanale ed una certa durata. La pratica quotidiana del nostro studio, che prevede che vengano fatte valutazioni  del livello di competenze prima dell’inizio e alla fine di un trattamento riabilitativo per poterne valutare gli esiti a livello quantitativo e non solo qualitativo, ha dimostrato, in accordo con i risultati degli studi di ricerca che, per poter dare dei risultati significativi e quindi poter essere considerati efficaci , i trattamenti volti al potenziamento delle abilità di letto/scrittura devono avere una frequenza che non può essere inferiore alle due sedute a settimana ed una durata di almeno tre mesi. Con frequenze inferiori i trattamenti producono dei risultati che, se misurati puntualmente tramite verifiche, non possono ritenersi significativi in termini quantitativi e che potrebbero essere dovuti all’evoluzione spontanea e, in questo modo, il percorso rischia di doversi protrarre ininterrottamente per tempi infiniti ed in situazioni di emergenza in cui il b. continua ad arrancare per tentare di tenere il passo dei compagni. 

Se un bambino non ottiene miglioramenti da un percorso riabilitativo su cui ha investito energie e speranze, sviluppa un senso di scarsa autoefficacia vedendosi come un bambino poco competente e la sua motivazione va scemando. Gli esiti di un trattamento, oltre ad avere la funzione di “ricostituenti psico/emotivi”, sono inoltre indici predittivi a livello prognostico. A seconda della risposta al percorso riabilitativo, infatti, è possibile iniziare a prevedere, nelle prime fasi di apprendimento (1-2 elementare), se si è trattato di un semplice ritardo di avvio dei processi di letto/scrittura o se si sta andando nella direzione del disturbo specifico e, negli stadi più avanzati (dalla 3 elementare in poi), di valutare la gravità del disturbo e orientare le scelte riabilitative e didattiche. Se però i trattamenti sono fatti in modi o tempi che già a priori sappiamo non poter essere funzionali diventa estremamente difficile stabilire l’entità della compromissione perché non possiamo stabilire se lo scarso miglioramento sia dovuto ad una sorta di resistenza al trattamento e quindi alla presenza di un disturbo specifico o alla scarsa efficacia del percorso. Questi sono i motivi per cui un professionista con senso etico, contro ogni suo interesse, dovrebbe dissuadere i genitori dall’intraprendere trattamenti con frequenza settimanale consigliando piuttosto di posticipare l’inizio del trattamento ad una fase in cui sia possibile un’organizzazione famigliare che consenta la frequenza bisettimanale in modo da ottimizzare al meglio le risorse ed i tempi e garantire il benessere psico-emotivo dei loro “piccoli campioni”.

 

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